Come nasce lo champagne

Published on Aprile 1, 2013 by admin

Filed under Come nasce lo champagne

Last modified Febbraio 3, 2014

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Quattro sono le regole irrinunciabili perché un vino si possa fregiare del nome Champagne.

  1. L’uva deve provenire unicamente dal territorio delimitato, stabilito dall’Ufficio tecnico del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (C.I.V.C.) in cui è distribuita per legge la viticoltura dello Champagne;
  2. Deve essere il frutto della lavorazione dei soli vitigni autorizzati;
  3. II diritto alla denominazione “Champagne” può essere applicato soltanto ai vini ottenuti entro il limite della resa massima per ettaro, fissata ogni anno da Decreto ministeriale e deve essere vinificato seguendo scrupolosamente le norme messe a punto dall’esperienza di secoli nella regione champenois e codificate dalla legge;
  4. Deve essere prodotto, elaborato e imbottigliato unicamente nella zona delimitata e sottoposto ai controlli previsti dalla legge.

 

La coltivazione – La culture

All’interno dello stesso comune, avente diritto alla denominazione “Champagne”, gli impianti si possono effettuare solo nelle parcelle espressamente delimitate e non su tutto il territorio del comune, come avviene nella maggior parte delle altre regioni vinicole.

Le norme che regolano la forma di allevamento delle viti sono formulate per limitare le rese, per favorire una migliore maturazione delle uve e quindi un miglioramento della qualità; esse stabiliscono:

  • la distanza tra i filari di vigna (inferiore o uguale a 150 cm.);
  • la distanza fra i ceppi di vite dello stesso filare (da 90 a 150 cm.);
  • che la somma delle due distanze (tra filare e filare e tra ceppo e ceppo) deve essere inferiore a 250 cm.

Nell’area delimitata dalla legge i nuovi impianti e i reimpianti sono così regolamentati:

  • il diritto di nuovi impianti è accordato con autorizzazioni ministeriali molto limitative e si ottiene solo dopo aver precedentemente sradicato, all’interno della stessa azienda, un vigneto di superficie uguale. Attualmente comunque, tutte le autorizzazioni per nuovi impianti sono sospese;
  • La densità di ceppi per ettaro ha lo scopo di limitare la vigoria e la produzione di ogni singola vite, in modo che ogni “piede” dia pochi grappoli ma di grande qualità.

È regolata anche l’altezza massima, in rapporto al terreno, delle gemme poste all’estremità dei tralci, in funzione del sistema di taille, (la potatura) adottata che è stabilita in relazione alla zona di produzione e al vitigno:

sistemi_potatura_Champagne_wikichampagne_Ezio_Falconi

 

  • sistema Chablis per lo Chardonnay e il Pinot Noir (lunga su strutture lunghe)
  • sistema Cordon Royat per lo Chardonnay e il Pinot Noir (corta su struttura lunga unica)
  • sistema Guyot per lo Chardonnay e il Pinot Noir (lunga su struttura corta semplice o doppia)
  • sistema Vallée de la Marne per il Pinot Meunier (rassomigliante al sistema Guyot)

Per i grands crus e i premiers crus sono ammesse solo le potature a Chablis e Cordon Royat, perché danno uve di maggior qualità. Sono vietate la potatura Guyot e la potatura Valle della Marna. Questi ordinamenti sono regolamentati a partire dal 1941 e hanno lo scopo di limitare volontariamente le rese a favore di una migliore qualità.

La forma di allevamento appropriata viene data alle piante nei primi anni di vita, per mezzo di apposite potature. Il primo raccolto avviene di solito dopo tre anni, ma è piuttosto scarso; una produzione finalmente soddisfacente si ottiene solo dopo cinque anni. I lavori di preparazione e manutenzione dei vigneti iniziano un mese dopo la fine della vendemmia, con un aratura profonda, una concimazione importante e, soprattutto, con la potatura invernale. Riducendo, a ragion veduta, la lunghezza dei rami in modo da lasciare le sole parti iniziali con un certo numero di gemme, si favorisce l’attività vegetativa equilibrando il metabolismo affinché la produzione di uva sia ogni anno costante. Nel mese di marzo, oltre a proseguire i lavori di potatura, il viticoltore revisiona l’impalcatura di sostegno dei filari e la sistemazione dei tralci, che vanno legati al filo di ferro. In questo spazio di tempo la vite comincerà il proprio ciclo vegetativo con la fase chiamata del pianto (la pleurs), una lacrimazione delle gemme che dura pochi giorni. Nello stesso mese si esegue un’aratura leggera del terreno e, nel mese successivo, la sua concimazione. In questo periodo i germogli hanno raggiunto la lunghezza di 10 cm. per cui diventa necessario intervenire con i primi trattamenti antiparassitari, per prevenire gli attacchi dell’oidio. Agli inizi di maggio l’attività continua con l’eliminazione dei giovani germogli sterili (potatura verde) e con i trattamenti antiparassitari riguardanti la peronospora. Alla fine dello stesso mese vengono convogliati in verticale i germogli. In giugno si sminuzza il terreno tra le viti, si ordinano i rami per ottimizzare il soleggiamento e si ripetono nuovamente i trattamenti contro le malattie e gli insetti nocivi. Il periodo della fioritura (floraison), sede di impollinazione e di fecondazione per ottenere la nascita e lo sviluppo dell’acino, è una data importante nel calendario della natura e del processo che porta allo Champagne, dato che su questa base viene calcolato l’inizio della vendemmia: esattamente cento giorni dopo.. Alla invaiatura (véraison), il cambiamento del colore, segue la sfogliatura, vera e propria potatura estiva, che viene eseguita in tre passaggi: cimatura, rimozione delle gemme e taglio tardivo (éclaircissage o rognage), tutti destinati a favorire la crescita ragionata della vite allo scopo di ottenere un miglior raccolto possibile. L’agostamento sarà il preludio alla vendemmia.

Le malattie della vite in Champagne:

Parassiti vegetali

L’Oidium – l’Oidio (Uncinola necator)

È una muffa prodotta da un fungo microscopico. Causata da viti infette importate dall’America del Nord, si diffuse in Europa verso la metà dell’Ottocento provocando gravi distruzioni di interi vigneti finché si scoprì che lo zolfo, sciolto in percentuali precise nell’acqua, era un efficace mezzo di difesa preventiva. Oggi vengono impiegati anche prodotti sintetici.

Le Mildiou – la Peronospora (Plasmopara viticola)

Anche questa è una muffa importata in Europa nell’Ottocento dall’America del Nord.  Si sviluppa su tutte le parti verdi della pianta danneggiando soprattutto le foglie fino a provocarne la completa caduta. Similarmente all’Oidio, il rimedio contro le infezioni di questo parassita consiste nel trattamento preventivo con una miscela di solfato di rame e calce, chiamata “poltiglia bordolese”. Oggi vengono impiegati anche prodotti sintetici.

La Pourriture grise – la Botrite o muffa grigia (Botrytis cinerea)

È il tipo più diffuso di marciume dell’uva, manifestata specialmente in condizioni di forte umidità. Attacca soprattutto gli acini dello Chardonnay e del Pinot Noir in fase di maturazione avanzata, subito dopo abbondanti piogge settembrine, provocando danni irreparabili. La muffa agisce sulla composizione dell’acino, modificandola profondamente e arricchendola di un enzima ossidante (laccasi) che provoca poi rapide ed intense alterazioni del vino. Per evitare gli attacchi di questo parassita occorre intervenire preventivamente con fungicidi dicarbossimidici.

L’Excoriose – la scoriosi

Similare alla peronospora, si combatte con trattamenti più anticipati oppure con i cosiddetti olii gialli (dinitro-orto-cresolo).

Parassiti animali

Les Acariens – gli acari litofagi

Sono aracnidi di minuscole dimensioni (la lunghezza massima è di 2 mm) che si sviluppano sulla pagina inferiore delle foglie; sono piuttosto abbondanti in primavera e alla fine dell’estate. Vengono combattuti con prodotti fosforganici.

Les tordeuses de la grappe – le tignole dell’uva

Sono tra gli insetti (lepidotteri) più nocivi nella produzione viticola, poiché vivono a spese degli acini e possono causarne il disseccamento. I bruchi che nascono dalle uova di quelle farfalle favoriscono inoltre, la diffusione della muffa grigia sugli acini bacati. Contro questi parassiti i viticoltori champenois intervengono sia mediante insetticidi piretroidi oppure inserendo nel vigneto delle trappole contenenti delle sostanze sintetiche, note con il termine di feromoni, attirando i maschi che vengono catturati su uno strato di colla.

Les Cicadelles – le cicaline

Sono insetti che arrecano grave danno soprattutto dal punto di vista qualitativo per il futuro vino poiché comportano una diminuzione del contenuto zuccherino. Questi insetti sono anche responsabili, poiché vettori, della ampelopatia, malattia della vite nota come flavescenza dorata (flavescence dorée). La lotta a questi parassiti viene effettuata con di nitro-orto-cresolo e prodotti fosforganici.

La vendemmia – La  vendange

È il giorno più atteso dai viticoltori (vignerons) perché, anche se prelude a un nuovo e lungo periodo di attento e complesso lavoro, esso costituisce un primo risultato importante, la prima ricompensa tangibile al duro lavoro dei mesi precedenti. Salvo rare eccezioni, come nel 1955 quando la vendemmia iniziò alla fine di agosto oppure nel 1984 quando la vendemmia iniziò la seconda decade di ottobre, la raccolta dell’uva inizia verso la metà di settembre, cento giorni dopo la parte centrale della fioritura, avvenuta solitamente dopo la metà di giugno. Un ente strutturato, costituito da un insieme di viticoltori e responsabili di vigna delle grandi Maison, in seno all’Association Viticole Champenoise, sorveglia la perfetta maturazione delle uve in 404 parcelle che rappresentano il patrimonio viticolo della Champagne. Due volte a settimana, alcuni grappoli vengono raccolti e analizzati per calcolarne la maturità, poi pigiati e il loro succo analizzato attentamente per calcolare il tasso zuccherino, il successivo grado alcolico e la percentuale di acidità. Tenuto conto dei risultati, l’Association Viticole Champenoise presenta il calendario di previsione della raccolta in ogni cru dopo di che, un’ordinanza prefettizia fissa la data esatta, paese per paese, dell’esordio della vendemmia. Ogni anno il  Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (C.I.V.C.) determina, in accordo con l’Istitut National des Appellations d’Origine, le rese per ettaro che hanno il diritto alla denominazione “vino di Champagne”. Data la fragilità delle uve, la vendemmia deve essere obbligatoriamente eseguita manualmente, al limite in alcune zone è consentita una preventiva sfoliazione ma la vendemmia è ed è rimasta quella di una volta. I grappoli interi vengono raccolti in speciali cesti di vimini o di plastica di dimensioni piuttosto piccole (i mannequins) che contengono 7-8 kg e, una volta riempiti, vengono portati in cima al filare, dove vengono svuotati in casse di plastica da 45-50 kg con il fondo bucato per impedire il ristagno del succo. Durante lo svuotamento  l’uva viene smistata manualmente (épluchage) per eliminare gli acini rovinati, intaccati o acerbi. Quando  il carico è completato i recipienti sono trasportati, su carri ammortizzati, al centro di pigiatura (centre de pressurage o vendangeoir) più vicino, nel minor tempo possibile al fine di impedire che inizi la macerazione e l’eventuale assunzione di colore. Una volta recepite dal centro, vengono scaricate, pesate e prese in carico dal personale addetto. A caso, direttamente dalle casse, con una sonda manuale o meccanica chiamata colibrì, viene prelevato un campione di uva per essere sottoposta ad un primo controllo in modo da stabilire il grado zuccherino e il pH (il grado di acidità).

Calcolato che un vendemmiatore raccoglie 300-400 kg di uva al giorno per 10-12 giorni, di conseguenza  3 addetti sono necessari per ogni ettaro vitato, la vendemmia mobilita in questi ultimi anni oltre novantamila persone.

La pigiatura – Le pressurage

È una fase della lavorazione essenziale per la qualità del vino che verrà prodotto. Cautela, delicatezza e, soprattutto, velocità, sono le parole chiave del viticoltore della Champagne. Velocità che parte sin dalla ricezione dell’uva da parte dei centri di pigiatura, i vendangeiors, saggiamente distribuiti su tutto il territorio della Champagne (attualmente ne sono in funzione oltre 1800). Il centro di pigiatura è un ambiente decisivo per l’ottenimento della denominazione Champagne da parte dell’Istituto Nazionale delle Denominazioni d’Origine (Institut National des Appellations d’Origine). I locali adibiti alla pigiatura, i torchi, le vasche di raccolta dei mosti, i recipienti del pigiato e tutte le attrezzature necessarie devono ottenere l’approvazione definitiva dell’Interprofession Champenoise. Regole che sono inserite nel documento di merito (Charte de Qualité) adottato nel 1987 ed inquadrato nel capitolato di servizio tecnico del (C.I.V.C.). Questo importante processo produttivo unisce tradizione e innovazione e, i diversi secoli di esperienza hanno messo a punto, oltre al vino, anche i mezzi migliori per ottenerlo. Diversi sono gli equipaggiamenti necessari utilizzati e, la loro evoluzione tecnologica, fornisce la possibilità di migliorare sempre di più la qualità dello Champagne. Le prescrizioni, anche in questo caso, sono molteplici. Alcune sono legate al “savoir faire”, appreso da generazione in generazione, altre sono norme ben precise definite dalla Association Viticole Champenoise, da istituzioni di professionisti del settore e dai costruttori di attrezzature.

Le norme base sono:

  • i modelli di torchio da utilizzare, i pressoirs, devono avere un caricamento semplice e veloce dell’uva, senza che questa subisca traumi;
  • la superficie di pigiatura deve essere ampia;
  • il prelevamento dell’estratto deve avvenire a  90° dall’asse di pressione, questo per favorire l’autofiltrazione del mosto ed evitare qualsiasi colorazione;
  • la semplicità e la rapidità di scaricamento del pigiato.

I precetti indicati sono:

  • velocizzare in maniera ottimale tutto il processo produttivo in modo da escludere tempi morti;
  • i graspi vengono torchiati cru per cru e vitigno per vitigno con un attesa massima di sei otto ore dalla ricezione;
  • i grappoli devono essere interi e manipolati con cura;
  • la pressione del torchio deve essere lenta e controllata in modo da effettuare una spremitura morbida;
  • lasciare che l’autofiltrazione dei succhi avvenga tramite la massa delle vinacce;
  • evitare l’ossidazione dei mosti.

Le vecchie direttive legislative prevedevano che da una pigiatura, quindi da un “marc” (ossia 4 tonnellate, 4.000 Kg. d’uva, l’unità di misura tradizionale della Champagne che rappresentava la capacità del torchio più comunemente usato) doveva offrire un totale di 2666 litri di succo ottenuto da tre pigiature eseguite in successione. La prima, la cuvée, produceva 2050 litri; la seconda o première taille, 410 litri e la terza o deuxième taille, 206 litri. Le norme più recenti, adottate dalla vendemmia 1992, prevedono una limitazione di rendimento alla spremitura: è infatti obbligatorio utilizzare 160 Kg d’uva per ottenere 102 litri di mosto, che, per le normali perdite durante le varie fasi della elaborazione daranno 100 litri di vino. Quindi da un “marc” si devono ottenere in totale 2.550 litri di mosto così suddivisi:

2.050 litri di cuvée (ossia 10 pièces o botti da 205 litri di mosto fiore o mosto di prima spremitura);

500 litri di taille (il mosto della seconda spremitura). È eliminata la deuxième taille.

I torchi – i pressoirs

Cinque le diverse tipologie di torchio utilizzati nella produzione di Champagne: uno verticale e quattro orizzontali. Il primo, utilizzato da meno della metà dei produttori, è il torchio tradizionale verticale (pressoir traditionnel vertical) a recipiente fisso, impiegato in Champagne da quando è stata introdotta la meccanizzazione. Si tratta di un contenitore cilindrico fisso nel quale vengono poste le uve e di una pressa idraulica soprastante che comprime le stesse. Le case produttrici sono Dollat, Darc, Marmonier e, soprattutto, Coquard. La capacità di carico può essere di un marc (4000 Kg. d’uva) o di mezza marc (2000 Kg. d’uva). Il secondo, utilizzato dal 35% dei produttori ed introdotto per la prima volta in Champagne negli anni ’50, è il torchio orizzontale meccanico a piatti (pressoir horizontal mécanique à plateaux). Sono costituiti da una gabbia circolare che ruota attorno al proprio asse orizzontale, determinando il progressivo avvicinamento dei piatti metallici che limitano gli estremi della gabbia: questo movimento esercita una pressione sulla massa vegetale estraendone il liquido. La casa che la produce e l’ha ideata è la società Veslin. La capacità di carico può essere di mezza marc (2000 Kg. d’uva), un marc (4000 Kg. d’uva), due marc (8000 Kg. d’uva) o tre marc (12000 Kg. d’uva). Il terzo, utilizzato da oltre il 10% dei produttori, è il torchio orizzontale pneumatico a membrana laterale (pressoir horizontal pneumatique à membrane latérale). È costituito da una gabbia orizzontale in acciaio, all’interno della quale si trova una sacca di gomma posta lungo il perimetro interno della stessa. Questa sacca, gonfiata con aria compressa o con acqua, comprime le uve e ne estrae il liquido. Quando la sacca si sgonfia, le vinacce vengono rimescolate sia per rotazione della gabbia sia per effetto della compressione. Le case produttrici sono Diemme, Mazancourt, Péra, Siprem e Bücher. La capacità di carico può essere di mezza marc (2000 Kg. d’uva), un marc (4000 Kg. d’uva), due marc (8000 Kg. d’uva) o tre marc (12000 Kg. d’uva). Il quarto, assomigliante al terzo, è il torchio orizzontale pneumatico a membrana centrale (pressoir horizontal pneumatique à membrane centrale) utilizzato dal 2-3% dei produttori. È costituito, come il terzo, da una gabbia orizzontale in acciaio, all’interno della quale si trova però centralmente la sacca di gomma. La casa produttrice è la società Mabille. La capacità di carico è di un marc e mezzo (6000 Kg. d’uva). L’ultimo è il torchio orizzontale idraulico a schiacciamento laterale e a gabbia rotante (pressoir horizontal hydraulique à poussée latérale et à maie tournante) immesso sul mercato nel 1985 dalla società Coquard ed utilizzato da meno del 10% dei produttori. La capacità di carico può essere di mezza marc (2000 Kg. d’uva), un marc (4000 Kg. d’uva) o due marc (8000 Kg. d’uva).

Con qualunque tipo di pressoir utilizzato il produttore, una volta riempito con un marc di uva, otterrà per schiacciamento naturale, l’autopressurage, oltre 100 litri di succo che, nella stragrande maggioranza dei casi, verrà eliminato perché ricco di impurità. Il secondo succo, la cuvée, è ottenuto da tre successive spremiture. Con la prima si producono 1025 litri di estratto che vanno a confluire in un contenitore d’acciaio o in cemento vetrificato chiamato belon. Dopo aver provveduto alla retrousse, l’operazione che permette di incentrare l’uva non spremuta nel contenitore, l’operatore passa alla seconda spremitura più intensa che produce 615 litri di mosto. In seguito alla seconda retrousse e, conseguentemente ad una ulteriore spremitura ancora più energica, si ottengono 410 litri di succo. Anche quest’ultimi due estratti vanno a confluire nel belon e, il risultato finale, rappresenta la cuvée.  Con l’ultima retrousse, e anche con l’ultima torchiatura, si ottengono 500 litri di mosto che rappresentano la taille. La cuvée e la taille saranno, nella stragrande maggioranza dei casi, vinificati separatamente. Le vinacce, o residui della pigiatura (résidu du pressurage), sono inviati in fusti di plastica in distilleria per produrre il distillato di vinaccia francese di quella zona vitivinicola, la Marc de Champagne.

Il mosto da trasformare in vino deve essere analizzato, prima che abbia inizio la fase importante della fermentazione, per conoscerne la composizione e potere quindi rimediare a eventuali carenze.

I principali componenti del mosto sono:

zuccheri:

glucosio e fruttosio … 150-300 g/l

arabinosio, xilosio, ribosio e ramnosio … 0,3-2 g/l

pectine, gomme e mucillagini: … 02-2 g/l

acidi organici:

tartarico … 5-10 g/l

malico … 3-7 g/l

citrico …0,2-1 g/l

acidi inorganici:

solforico, fosforico, cloridrico, ecc. … 05,-1,5 g/l

acidi aromatici:

cinnamico, caffeico, ecc. … 15-30 mg/l

Polifenoli:

flavoni … 20-50 mg/l

antociani … 20-50 mg/l

leucoantociani … 0,5-2 g/l

tannini … 0,5-2 g/l

sostanze azotate:

ammoniaca, aminoacidi, proteine … 0,2-0,5 g/l

aromi:

linalolo, terpineolo, geraniolo, ecc. …pochi mg.

vitamine:

quasi tutte presenti … pochi mg.

elementi minerali:

potassio, calcio, magnesio, sodio, manganese, ferro, rame, ecc. …0,5-2,5 g/l

enzimi:

zimasi alcolica, saccarasi, proteasi, ossidasi, pectolitici, ecc. …pochi mg.

Le correzioni del mosto – le correction de mout

Quando ancora il mosto è contenuto nei belon, per limitarne l’ossidazione a contatto con l’aria e, soprattutto, per evitare gli inconvenienti di eventuali infezioni e alterazioni, è necessario ed utile l’impiego di certe sostanze che impediscano o limitano la diffusione di microrganismi indesiderati. La più importante di queste sostanze è senza dubbio l’anidride solforosa, l’anhydride sulfureux (SO2), un gas che si sviluppa dalla combustione dello zolfo e che si trova in commercio, e quindi utilizzata  dal vinificatore, sotto varie forme (liquefatto, solidificato in forma di sale o in soluzione acquosa). Questa operazione enologica viene chiamata sulfitage o solfitazione. Sono necessari, nelle forme su indicate, 0,5-1 grammo per ettolitro per garantire un intervento adeguato tuttavia, questo additivo può essere aggiunto al mosto in quantità superiore a quella citata poiché almeno la metà dell’anidride solforosa non si troverà nel vino essendo volatile. La diminuzione di questo gas si verifica già durante la fermentazione alcolica a causa dell’aumento della temperatura e del trascinamento esercitato dall’anidride carbonica a mano a mano che esce dal mosto. Dopo questo veloce intervento il mosto, sempre suddiviso per cru, viene lasciato riposare per circa otto – dodici  ore nei tini di sedimentazione (débourbage), che si ottiene per semplice gravità. Questa decantazione naturale  permette alle particelle solide (les bourbes) di depositarsi naturalmente sul fondo della vasca. Quindi, finalmente il mosto,  con l’aiuto di opportune pompe, prende la via delle cantine dove verrà convogliato nei contenitori di fermentazione posti in appositi locali (le cuverie de fermentation). Questi recipienti possono essere in acciaio inox da 50 a 1000 ettolitri, in cemento vetrificato o, alla vecchia maniera in barili di legno di quercia, nei classici pièces da 205 litri o in botte, la foudre de bois, da 25 a 50 ettolitri .

La vinificazione – La vinification

Prima che inizi l’importante fase della fermentazione sono necessari, come sopra indicato, alcuni ulteriori aggiustamenti determinati dall’analisi del mosto. Tenendo conto che ad ogni vendemmia viene fissato, per Decreto, il grado alcolico minimo che devono avere i mosti per poter essere vinificati e produrre lo Champagne e che per legge, il grado alcolico del vino deve essere come minimo di 10,5 gradi per i non millesimati e di 11,5 gradi per i millesimati, ma in realtà il tenore in alcool dello Champagne è normalmente tra gli 12 ed i 13 gradi, si deve intervenire se necessario, (se l’annata non è stata favorevole – poca insolazione – inadeguata maturazione delle uve – ecc.) con una operazione chiamata chaptalization, cioè l’uso dello zucchero per l’arricchimento del mosto. Il produttore può intervenire, sotto attento controllo di funzionari pubblici, utilizzando percentuali precise di zucchero di canna o di mosto concentrato rettificato, moût concentré rectifié, (sciroppo denso di succo d’uva con contenuto pari al 50-70%di zucchero). Altro aggiustamento necessario prima della fermentazione è l’aumento o la diminuzione parziale dell’acidità dei mosti, acidification chimique directe ou la désacidification chimique partielle. L’acidificazione è severamente regolamentata ed è autorizzata nel limite di 1,5 grammi per litro, espresso in acido tartarico; l’aggiunta di acido citrico deve essere inferiore o uguale a 0,50 grammi per litro e tenendo conto che il livello finale di questo acido non superi mai 1 grammo per litro. In un mosto poco acido i vari microrganismi si riproducono in modo indiscriminato, causando una fermentazione irregolare e varie trasformazioni inopportune inoltre, un vino poco acido, non si conserva bene ed è facilmente soggetto ad infezioni batteriche. La disacidificazione chimica parziale, quando si rende assolutamente indispensabile, non può essere effettuata che con  prodotti ben determinati e regolamentati quali il tartaro neutro di potassio, il bitartrato di potassio o il carbonato di calcio. Quest’ultima addizione è proibita se si è effettuata la chaptalization o se si procederà negli sviluppi successivi alla fermentazione malolattica, fermentation malolactique, processo che permette di trasformare l’acido malico in acido lattico.

La fermentazione alcolica – la fermentation alcoolique

È quel processo di degradazione degli zuccheri del mosto operata dai lieviti, che porta principalmente alla formazione di alcol etilico e anidride carbonica con un rendimento pari a circa il 60% perciò un mosto che abbia, per esempio, un contenuto zuccherino del 20% (200 g/l) darà origine a un vino con 120 ml/l di alcol, ossia con 12 gradi alcolici. Oltre a questi prodotti principali, si formano piccole quantità (5%) di numerose altre sostanze, note come sottoprodotti di fermentazione (glicerina, diacetile, acido succinico, acido acetico, aldeide acetica, acido citramalico, ecc.) ma molto importanti per il profumo e il gusto del vino. I lieviti sono funghi costituiti da una sola cellula eucariota, cioè dotata di un nucleo vero e proprio (come le cellule di piante e animali). Si riproducono per gemmazione o per scissione e traggono energia per le loro funzioni vitali dalla degradazione di composti organici, in particolare degli zuccheri. Hanno una tipica forma sferica, oppure ovale o ellittica, e le loro dimensioni variano da un minimo di due fino a dieci micrometri.  I lieviti naturali indigeni responsabili della fermentazione contenuti nella buccia dell’acino dell’uva sono di specie e qualità differenti. Per proteggere le peculiarità di ogni vino e per controllare in maniera adeguata l’andamento del processo fermentativo, sono utilizzati lieviti secchi selezionati della specie Saccharomyces cerevisiae. Sono definiti lieviti selezionati in quanto possiedono caratteristiche note e programmate che permettono di conseguire importanti risultati quali: un aiuto basilare all’avvio del ciclo fermentativo, una elevata resistenza all’alcol etilico, una elevata resistenza all’anidride solforosa e la rapidità di sedimentazione a fine processo. Escludendo alcune grandi Maison, come ad esempio Moët & Chandon, che possiedono in laboratorio un proprio ceppo di coltura, gli altri produttori di Champagne hanno la possibilità di rivolgersi a tre Enti predisposti alla coltura per essere riforniti di sani lieviti selezionati. Il ceppo di lieviti isolato dalla Società Martin Vialatte è commercializzato dalla Station Oenotechnique de Champagne; il ceppo di lieviti ricostituito dai servizi tecnici del C.I.V.C. (Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne) è commercializzato dai Laboratori Enologici, Laboratoires Oenologiques, e dal Laboratoire Boland; l’ultimo ente che ha a disposizione lieviti selezionati è l’Istitut Oenologique de Champagne.   Questi lieviti possono essere inseriti direttamente nel mosto in dosi che variano da 10 a 20 grammi per ettolitro o reidratati mediante un vino di riserva, vin de réserve, inserito successivamente nel mosto.

L’inizio del ciclo fermentativo è segnalato, nei primi cinque sei giorni, dal gorgoglio dell’anidride carbonica. Da qui, nell’uso popolare, si parla di ebollizione, la bouillage. Inoltre si nota nei contenitori un costante aumento del grado di calore. È importante, per non creare alterazioni al mosto e favorire una fermentazione regolare,  mantenere questa temperatura intorno ai 16-20 gradi centigradi per cui il vinificatore, in rapporto alla tipologia del contenitore utilizzato, raffredderà i locali o modererà il caldo con l’apporto di acqua refrigerata su tali recipienti. La quantità di zucchero e la densità del mosto diminuiscono progressivamente durante lo svolgersi del processo fermentativo, mentre aumenta la quantità di alcol. Quando due misurazioni consecutive (mattina e sera) indicano che la percentuale di alcol nel mosto non è aumentata (o la quantità di zucchero non è diminuita), si può ritenere che la fermentazione sia terminata. Sono passate complessivamente circa tre settimane. Il vino ha una gradazione di 7-8 gradi ed è ancora notevolmente torbido. È pronto, per buona parte dei produttori e quando questi la ritengono necessaria, ad una seconda fermentazione, introdotta in Champagne negli anni ‘50, quella malolattica, fermentation malolactique.

La fermentazione malolattica – la fermentation malolactique

È un processo biologico che consiste in una trasformazione per via batterica dell’acido malico in acido lattico e anidride carbonica che, nel vino, avviene per opera dei batteri lattici (in particolare Oenococcus oeni e alcune specie del genere lactobacillus). L’effetto principale della fermentazione malolattica è la diminuzione dell’acidità fissa del vino, essendo l’acido lattico più debole dell’acido malico. Essa è importante in quanto consente di abbassare l’acidità del vino in modo naturale, senza intervenire con la disacidificazione chimica parziale, désacidification chimique partielle, e allo stesso tempo, stabilizzarlo dal punto di vista biologico. Le condizioni necessarie per far degradare l’acido malico da parte dei batteri sono: il pH (cioè l’acidità) non inferiore a 3, la concentrazione di anidride solforosa di 40 mg/l e la temperatura intorno ai 22-24 gradi centigradi. L’attività della fermentazione malolattica è meno intensa, meno visibile ma più lunga della fermentazione alcolica ed ha una durata in media di quattro- sei settimane. L’effetto che ne deriva è utile nei vini molto acidi, che perdendo il gusto acerbo dell’acido malico, diventano meno aspri, più morbidi e adatti a più invecchiamento. Le due fermentazioni sono terminate, il vino viene progressivamente raffreddato alla temperatura di 10-12 gradi centigradi ed è pronto per la fase importante della chiarificazione, la clarification.

La chiarificazione – la clarification

Lo Champagne deve, per principio e per immagine, essere estremamente limpido. La chiarificazione è quella operazione enologica che permette di eliminare dal vino le particelle solide in sospensione (cellule di lievito morte, residui della vinificazione, microscopici pezzi di polpa, ecc,) e aumentare la limpidezza del vino. Diverse sono le tecniche utilizzate dai produttori di Champagne e, orientativamente, sono le tecniche utilizzate nel resto del mondo. La procedura più antica, introdotta dai Romani nel loro momento storico, è il collaggio, le collage. Nel collaggio si distinguono due fasi: nella prima avviene la reazione delle sostanze collanti con i colloidi (sostanze solide suddivise in esigui corpuscoli, di diametro compreso trai 5 nanometri e un micrometro) presenti in sospensione nel vino, nella seconda ha luogo l’aggregazione in molecole più pesanti che, essendo insolubili, precipitano trasportando le impurità con velocità proporzionale all’aumento della massa. La durata di tale processo varia da 10 a 15 giorni. Le sostanze collanti più usate sono: la bentonite, la bentonite, (un tipo di argilla di origine vulcanica) e la gelatina, la gélatine, (miscela di sostanze organiche proteiche – ossa, cartilagini, pelle). Meno usate sono la colla di pesce, la colle de poisson, (detta anche ittiocolla –ottenuta dalle cartilagini e dalle vesciche natatorie dei pesci), e la caseina, la caséine, (sostanza proteica derivata dal latte). Un’altra opportunità di chiarificazione è data dalla tecnica della filtrazione, la filtration, che può affiancare il collaggio o sostituirlo. La filtrazione sfrutta due principi fisici: l’adsorbimento, un meccanismo chimico-fisico che consiste nell’attrazione del colloide sospeso nel liquido alla superficie dei canalicoli del materiale filtrante, e il setacciamento, che sfrutta il minor diametro dei pori rispetto alle dimensioni delle impurità sospese, impedendone il passaggio. L’ultima possibilità del champenois di chiarificare il proprio prodotto è data dalla centrifugazione, la centrifugation. Il vino viene centrifugato ad alta velocità e per effetto della forza centrifuga il materiale più pesante presente nel liquido si acculala all’esterno. È il sistema meno utilizzato per via del costo delle apparecchiature e per lo stress dato al vino.

A questo punto si è elaborato il vino base tranquillo, vin tranquille, che conserva le caratteristiche del cru di provenienza. Siamo circa alla metà di gennaio e sono passati oltre tre mesi. Il vino è pompato in contenitori d’acciaio inox, acier inox, da 50 a 500 ettolitri o in botti, foudres de bois, da 15 a 25 ettolitri posti nella cuverie, per un periodo di meritato riposo. Nella primavera successiva alla vendemmia sarà pronto per un’altra fase importante nella creazione dello Champagne: l’assemblaggio.

L’assemblaggio – L’assemblage o coupage

È forse la fase più delicata perché affidata esclusivamente all’abilità dell’uomo. Il produttore si affida ciecamente alle analisi gustative e alla capacità sensitive del Maître de chai (maestro di cantina) o, come chiamato in Champagne, lo Chef de cave, il capo cantiniere. Lo Champagne nasce da una miscela di vini ottenuti da vitigni dissimili, di differenti vigneti, prodotti in diverse annate. I vini novelli, les vins nouveaux, provenienti da diversi crus, tenuti fino ad ora distinti, vengono riuniti tra loro in quantità e proporzioni precise, determinate e variabili di anno in anno. Nella mescola vengono incorporati anche piccole quantità di vini vecchi fermi, i vini di riserva, les vins de réserve prodotti in annate precedenti giudicate straordinarie, e conservati nella cuverie in pièces o barili da 205 litri o in foudres de bois, in botti più capienti. Sia quelli nuovi, sia i vecchi, vengono  amalgamati sapientemente per ottenere la cosiddetta cuvée de tirage, caratteristica e originale di ogni Azienda, allo scopo di garantire alla fine dell’intero ciclo produttivo, una sorta di continuità del gusto, che sia espressione dello stile della Maison creatrice: il  famoso goût Maison. La cuvée de tirage assemblata viene ora sottoposta per alcuni giorni alla stabilizzazione tartarica, stabilisation tartrique. Questa terapia, risulta essenziale per le successive fasi produttive, permette di ottenere una ulteriore limpidità e, soprattutto, una migliore conservazione e una protezione del vino posto in commercio. La stabilizzazione tartarica previene la precipitazione dei sali dell’acido tartarico contenuti nel vino, sia durante alcune fasi della sua successiva spumantizzazione, sia quando lo Champagne, durante il trasporto o quando il consumatore decide di raffreddarlo, le fa subire uno choc termico (a meno 3-5 gradi) provocando quella che viene chiamata “temperatura di cristallizzazione spontanea”, cioè la creazione di cristalli naturali che, però, il consumatore non desidera. Questo trattamento viene effettuato tramite refrigerazione a meno 4 gradi centigradi per 6-8 giorni, eliminando l’eccesso di sali per precipitazione. Convogliato in appositi contenitori, il vino tranquillo chiaro, vin tranquille clair, è pronto per le fasi successive.

La Spumantizzazione – La Champagnisation

L’imbottigliamento – le tirage

Con il termine tirage si intendono due operazioni: l’imbottigliamento e l’avvio di una seconda fermentazione in bottiglia con la conseguente presa di spuma, la prise de mousse, del vino, sistema base del metodo champenois. Quando ancora la cuvée, costituita da vino tranquillo chiaro, le vin tranquille clair, è contenuto nei tini d’acciaio, viene immessa la liqueur de tirage, in quantità proporzionata alla capacità del tino. Questo sciroppo, preparato direttamente dal produttore, è una miscela di vino fermo mescolato a zucchero di canna con una concentrazione che varia da 500 a 625 g/l. Questa concentrazione viene determinata in base alla pressione desiderata della presa di spuma ( 24 g/l per ottenere 6kg/cm quadrato – 4 g/l per ottenere una atmosfera di pressione), tenendo fede alla “réduction François”, gli studi di François Jean Baptiste (vedi glossario). Allo sciroppo viene aggiunta una percentuale determinata di lieviti secchi selezionati, già utilizzati nella fermentazione alcolica, sciolti in una piccola quantità di acqua, e una minuscola dose di sali di ammonio, che producendo azoto, influenza la velocità d’inizio del ciclo fermentativo. Con apposito attrezzo, dopo una energica miscelata nel tino per favorirne l’ossigenazione, il vino è immediatamente pronto per essere convogliato nell’impianto di imbottigliamento ed entrare nella bottiglia. Lo stesso impianto, che ha una portata che varia da 2000 a 18000 bottiglie colmate ogni ora, pensa anche alla chiusura ermetica della bottiglia con una capsula a corona (capsule couronne), nella stragrande maggioranza dei produttori mentre, per alcune cuvées di prestigio o millesimati particolari, alcune Maison utilizzano ancora turaccioli di sughero, tenuti da una caratteristica staffa. Prima della provvisoria chiusura però, viene immesso nella parte finale del collo della bottiglia, a stretto contatto con il tappo, un minuscolo contenitore in poliestere chiamato bidule, che servirà a raccogliere i diversi sedimenti che si verranno a creare nelle fasi successive.

L’accatastamento o stoccaggio – mise sur lattes  o entreillage

Le bottiglie piene, provenienti dall’impianto di imbottigliamento, sono inserite in apposito contenitore e trasportate in cantina (cave) dove, in apposite celle (celliers) in muratura o nelle famose cavità calcaree (crayères) delle grandi Maison di Reims, vengono posizionate orizzontalmente testa-coda dall’inizio alla fine della cella. In ogni fila, sulla parte centrale delle bottiglie, viene posizionato un listello (latte) di legno che servirà di supporto sia allo schiacciamento delle file superiori, sia ad eventuale sostegno allo scoppio di una o più bottiglie, mantenendo salda la catasta. L’accatastamento prosegue sino al riempimento completo della cella che può contenere migliaia di bottiglie. Qui, lontano dai rumori e dalla luce, ad una temperatura costante di 9-12 gradi, sia in estate sia in inverno, inizia la presa di spuma, la prise de mousse (se la temperatura fosse più bassa non partirebbe il processo, se fosse più alta sarebbe troppo rapida l’evoluzione creando una spuma grossolana e evanescente).

La presa di spuma e l’invecchiamento sui lieviti – la prise de mousse e le vieillissement sur lies

Poche ore dopo la mise sur lattes inizia la seconda fermentazione alcolica. Gli speciali lieviti trasformano infatti lo zucchero in alcool e anidride carbonica in un lento sviluppo, che dura alcuni mesi. Il vino acquisisce da 1,2 a 1,3 gradi alcolici e l’anidride carbonica porta la sua pressione sino a 6 kg/cm. quadrato. Questo elevato innalzamento della pressione decrescerà progressivamente nel giro di sei – otto settimane e perderà ulteriore potenza con l’apertura della bottiglia nelle successive fasi produttive. Con l’acquisizione della presa di spuma gli zuccheri sono totalmente svaniti. I lieviti notevolmente moltiplicati nel corso del processo fermentativo (da 40 a 80 milioni di cellule attive per millilitro), svolto il loro compito, danno il via ad un lento processo di autodistruzione enzimatica (distruzione delle cellule ad opera dei loro stessi enzimi) che si solubilizzano nel vino, la cosiddetta autolisi (autolyse). Il soggiorno prolungato del vino sulle sue fecce, i lieviti morti, (vieillissement sur lies) continua ad apportargli degli elementi miglioranti (lattoni e fenoli volatili) che influenzano positivamente, e notevolmente sull’aroma e il sapore. Alcuni test hanno rivelato che un vino, un mese dopo la presa di spuma, acquisisce un arricchimento in acidi amminici totali dell’8,5%, mentre quattro anni dopo questa percentuale sale ad oltre l’80%. Questo basilare periodo, insieme al pressurage e all’assemblage, costituiscono le tappe fondamentali del metodo champenois. L’Institut National des Appellations d’Origine, perché possa concedere il certificato d’origine, impone che la durata del processo di spumantizzazione deve essere minimo di un anno dopo il tirage (messa in bottiglia per la presa di spuma) per i non millesimati (S.A. Sans Année), mentre per i millesimati la durata è protratta a 3 anni. Abitualmente in Champagne l’invecchiamento è però aumentato rispettivamente a 24 mesi ed a 36-60 mesi. Per le cuvée de Prestige da cinque a sette anni di vieillissement sur lies. La massa dei residui della seconda fermentazione (le lies) sono ora depositati nella parte centrale della bottiglia e, a leggero scuotimento della stessa, mescolandosi al vino, sono estremamente visibili ad occhio nudo. Ora il vino spumantizzato è pronto per altre fasi di lavorazione.

Lo scuotimento – le remuage

È giusto confermare che prima dell’avvento della tecnica del remuage, introdotta agli inizi dell’800, le bottiglie venivano commercializzate con il loro deposito quindi, per poter essere consumato, lo Champagne veniva decantato e servito in caraffa e non nella bottiglia d’origine. Per convogliare tutti quei melmosi sedimenti verso la bidule, causati dalla seconda fermentazione e depositati nella parte centrale della bottiglia, dopo l’invecchiamento sui lieviti, le vieillissement sur lies, ma al minimo spostamento pronti ad entrare in sospensione nel vino, sono necessarie ed indispensabili alcune operazioni. Il primordiale modo di dirigere i depositi verso il collo della bottiglia è la mise sur pointe, tecnica tuttora utilizzata  prima della sboccatura finale, il dégorgement. Fu Madame Veuve Clicquot e  Antoine Müller, suo Chef de Cave, che inventarono una specie di cavalletto in legno con dei buchi da dove venivano inserite a testa in giù le bottiglie. Negli anni successivi queste “tavole doppie, sempre in legno” furono notevolmente perfezionate, soprattutto nella circonferenza ovoidale dei buchi, per offrire al collo delle bottiglie una posizione, dall’alto al basso, sempre più inclinata. Verso la metà dell’800 queste “rastrelliere”, chiamate da quegli anni pupitre, raggiunse la progettazione definitiva con una capacità di 60 bottiglie per lato, che è ancora attualmente in auge e, il sistema di convogliamento dei depositi, venne acquisito da tutti i produttori. Una volta posizionato il collo delle bottiglie nel foro della pupitre interviene la mano dell’uomo, lo specialista, il remueur che, prendendo la parte finale della bottiglia con un movimento secco e breve, imprime una rotazione periodica partendo da 1/8, da 1/6 e da 1/4 di giro, tanto a destra che a sinistra, ogni due tre giorni. Il fondo di ogni bottiglia è contrassegnato da una tacca bianca per facilitarne l’individuazione. Una candela accesa in controluce consente, quando si ha la necessità, di controllare la trasparenza del vino. Alla fine della settimana, a poco a poco, tende ad inclinare la bottiglia sempre di più, sino portarla quasi in verticale. Questa mansione, che dura da sei settimane a tre mesi, permette appunto, di portare tutti i residui nella bibule. Agli inizi degli anni ’70, nelle cantine di alcune Maison, fanno le loro prime apparizioni dei contenitori motorizzati che permettono, con una particolare rotazione identica al movimento manuale, la completa meccanizzazione del remuage. Conviene precisare che tale automazione, ha avuto i primi brevetti esattamente nel 1909. Questo sistema automatizzato di remuage offre rilevanti vantaggi: un notevole risparmio di spazio, un ciclo produttivo più corto (da una a due settimane) e, conseguentemente con lo stesso macchinario, molte più bottiglie trattate. Da qui il fatto che, sempre più piccoli e grandi produttori, hanno deciso di utilizzare tale sistema.  Attualmente sono quattro gli apparecchi motorizzati e computerizzati utilizzati nella Champagne:

  • la Rotopal, contenitore metallico con una capacità di 297 bottiglie, dotato di un sistema di rotazione manuale di 1/8 di giro.
  • la Gyropalette, contenitore metallico con una capacità di 504 bottiglie, dotato di un sistema di rotazione motorizzata che permette una orbita da orizzontale a verticale in tutti i sensi e in tutte le inclinazioni..
  • la Pupimatic, contenitore plastico con una capacità di 240 bottiglie, dotato di un sistema di rotazione motorizzata, grazie a due motori elettrici comandati da una centralina computerizzata, ed anche manuale per le piccole produzioni di Récoltants – Manipulants, permette una orbita in tutti i sensi e offre una vibrazione omogenea.
  • la Champarex, contenitore a griglia metallica con una capacità di 183 o di 381 bottiglie, dotato di un sistema di rotazione manuale di 1/6 o di 1/8 di giro.

Sia che si usi un sistema innovativo meccanizzato, sia si utilizzi il più tradizionale pupitre per il remuage manuale, ora il vino è pronto per la successiva fase produttiva.

La messa in punta o sistemazione in punta – le Pointage o la mise sur pointes

La mise sur pointes è un’espressione tipica della Champagne e, conseguentemente, del metodo champenois perché riguarda esclusivamente questo modo di lavorare il prodotto. Alla fine del remuage, deciso sostanzialmente dallo chef de cave, per disimpegnare le pupitres o gli apparecchi meccanizzati utilizzati e prepararli per un successivo ciclo, le bottiglie in attesa del dégorgement, vengono posizionate in uno luogo stabilito e predisposto per la messa in punta. Questo spazio necessita di un muro portante di sostegno e di due muretti per appoggiare le bottiglie e circostanziare appunto questa zona. Partendo da un muretto, la prima fila di bottiglie poste verticalmente, a testa in giù e appoggiate sul tappo al pavimento, vengono addossate al muro portante sino ad arrivare al muretto opposto. Concluso il primo allineamento l’operatore, inizia a predisporre la fila superiore inserendo il collo delle bottiglie nell’incavo del fondo delle bottiglie sottostanti creando l’allineamento superiore. Questo per almeno quattro bottiglie, una sopra l’altra. Poi inizia la seconda fila, di lunghezza e altezza uguale. Poi la terza e via dicendo, sino a formare una catasta di migliaia di bottiglie. Questo per più spazi stabiliti e predisposti. Le bottiglie sistemate in punta, oltre ad assolvere appieno lo scopo di non riportare in sospensione le fecce convogliandole nella bidule, protraggono il contatto del vino sulle fecce per continuare l’arricchimento (autolisi).

La sboccatura – le dégorgement

Questa fase permette l’espulsione della bidule e dei depositi in essa contenuti. Due le maniere che il produttore può utilizzare. Il metodo tradizionale e arcaico è chiamato à la volée, al volo, usato anche prima dell’avvento dell’innovativo contenitore dei depositi, la bidule, e l’altro è il metodo chiamato à la glace, ghiacciato, ideato nel 1880 da Henri Abelé, fondatore di una delle più antiche Maison de Champagne. Il procedimento vecchia maniera, completamente manuale, ed ormai quasi più utilizzato, consiste nel prendere la bottiglia quasi in orizzontale in una mano e dirigerla verso una specie di garitta, la guèrite,  un fusto in legno  o acciaio, aperto lateralmente, e adatto a ricevere la spuma e i sedimenti espulsi e, con l’altra mano, togliere con la clé, la chiave, la capsula in metallo che tiene chiusa la bottiglia permettendo quindi la fuoriuscita della bidule, grazie alla pressione dell’anidride carbonica contenuta nella bottiglia. Se per la chiusura della bottiglia è stato scelto il tappo in sughero, al posto della clé, verrà utilizzata la pince a dégorger, la pinza dell’operatore, il dégorger. Una solida esperienza e una buona manualità permettono all’operatore di sboccare oltre 400 bottiglie l’ora. L’altro metodo, come succitato, è quello chiamato à la glace, ghiacciato, refrigerato. Questo procedimento, inglobato in una catena di montaggio completamente automatizzata, è in grado, nel giro di alcuni minuti, di prendere le bottiglie dal contenitore del remuage, le caisses-palettes, capovolgerle, inserire parte del collo (4 cm.) in un serbatoio, il  Bac à glace, contenente una soluzione salina concentrata a una temperatura costante di meno 25 gradi C., ghiacciarlo formando un tappo di ghiaccio, il bouchon de glace, decapsulare (togliere il tappo corona), espellere i sedimenti contenuti nella bidule inclusa nel bouchon de glace, dosare il vino (se desiderato dal produttore), tappare con il classico tappo in sughero, immettere la gabbietta (Muselet) e ripalettizzare le bottiglie nelle caisses-palettes per destinarle alle ultime successive fasi di lavorazione. Tale meccanizzazione permette di lavorare, in base al macchinario, da 2 mila a 18 mila bottiglie l’ora. C’è da sottolineare che queste catene di produzione sono patrimonio delle grandi Maison de Négoce (N. M.), o di grosse cooperative, le Coopérative de Manipulation (C. M.), categorie professionali che rappresentano circa il 13-14% degli operatori champenois ma controllano oltre il 70% del mercato totale dello Champagne, con una produzione di decine e decine di milioni di bottiglie di Champagne elaborate (vedi anche il capitolo Le peculiarità degli Champagne). 

Il dosaggio – le dosage

Dopo la sboccatura, le dégorgement, sia che venga fatta  à la voléeà la glace, il vino possiede ancora una elevata acidità naturale e una nutrita quantità di anidride carbonica, il volume della bottiglia è leggermente calato e, soprattutto, è necessario determinare la peculiarità dello Champagne da porre in commercio, caratterizzato dalla classe nella scala di grado zuccherino (vedi il capitolo Le peculiarità degli Champagne). Risulta quindi necessario un altro passaggio distintivo del metodo champenois ed indispensabile nella produzione di Champagne, il dosaggio, le dosage, che procura al vino più effetti positivi, e permette di ricondizionarne il volume. Al vino viene aggiunto, un liquore di spedizione o dosaggio, la liquer d’expédition o liqueur de dosage, in rapporto alla tipologia di Champagne che il produttore decide di mettere in commercio: Brut Nature, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Sec, Demi Sec e Doux. La liquer d’expédition, è una soluzione costituita da vini di riserva con diversi anni di invecchiamento, zucchero di canna ed eventuale acquavite di vino e rappresenta la firma di ogni produttore per cui la sua formula resta segreta. Tale dosaggio è effettuato da macchine dosatrici perfettamente calibrate che introducono una addizione da 0 a 5-6 cl di liquer d’expédition, naturalmente con percentuali di zucchero differenti in base alla tipizzazione dello Champagne che il produttore desidera produrre. Anticamente l’origine del dosaggio veniva determinato dal gusto dei Paesi fruitori: ad esempio nelle prime partite di Champagnes esportate negli Stati Uniti, veniva offerto Champagne con un lievissimo dosaggio perché i consumatori lo preferivano Sec o Extra Dry, da qui l’appellativo di gusto americano, il goût américain. Più secco rispetto al gusto americano era il gusto inglese, il goût anglais, che prediligeva le versioni di Champagne Brut o Extra Brut l’opposto dei consumatori russi, che prima dell’avvento della Rivoluzione Russa importavano notevoli quantità di Champagne nelle versioni Demi Sec e Doux, da qui la denominazione di gusto russo, le goût russe. Attualmente negli Champagnes sans année, nella versione Brut, gli Champagnes più prodotti perché più richiesti, ogni Maison apporta, attenendosi alle normative vigenti che prevedono una quantità di zucchero residuo inferiore o pari a 15 g/l, dosaggi differenti che caratterizzano il proprio stile. Uno studio dell’Associazione Francese dei Consumatori ha stilato una classifica della percentuale di zucchero per litro contenuti nei Brut delle Maison più rappresentative:
Krug Grande Cuvée      8,5
Gosset                           8,9
Bollinger                       9,0
Ayala                            9,6
Piper – Heidsieck          9,9
Mumm                         10,4
Charles – Heidsieck     12,4
Mercier                        12,4
Moët & Chandon           12,4
Philipponnat                   12,4
Pol Roger                       12,4
Veuve Clicquot              12,4
Louis Roederer              12,8
Deutz                              13,2
Laurent – Perrier            13,2
Perrier – Jouët                13,7
Heidsieck Monopole     13,8
Billecart – Salmon         13,9
Pommery                        14,0
Ruinart                            14,1
Taittinger                        14,4
Lanson                            15,0

Naturalmente il dosaggio non è sempre uguale e varia in rapporto alla Cuvée.

La tappatura e la gabbiettatura – le bouchage et le museletage

Il tappo di sughero fa la sua prima comparsa come serratura delle anfore fenicie nel IV millennio A. C. ma, prima di vederlo a chiusura di una bottiglia, bisogna attendere il XVI secolo quando fa la sua prima comparsa in Inghilterra, patria anche delle prime bottiglie di vetro. Attualmente il bouchon en liège, il turacciolo di sughero utilizzato in Champagne è un tappo con corpo   agglomerato, alle cui estremità sono incollate delle rondelle (da una a tre) di sughero intero di alta qualità con uno spessore di  6 mm, per far si che il vino non venga a contatto con i trucioli o con i collanti. La lunghezza totale deve essere 48-55 mm e il diametro 30-35 mm. Sovente, nella parte inserita nel collo della bottiglia, viene citato il nome del  produttore ed eventualmente anche l’anno del millesimo, quando necessario mentre, sull’ultima rondella a contatto con il vino, deve avere stampigliata una stella cometa con cinque punte e la dizione “Champagne”. Per molti, la cometa fa riferimento alla sua caduta nel 1811, annata ritenuta eccezionale per lo Champagne invece alcuni parlano di un richiamo alla stella di Natale, periodo propizio per il consumo dello Champagne. L’entrata del collo della bottiglia ha un diametro di 17 mm e, per permettere al tappo, che ha un  diametro notevolmente superiore, di poter essere inserito nello sbocco, è necessario inumidire il sughero bagnandolo in una vasca apposita (bacs de trempage) o riscaldarlo con aria calda facendolo passare in un forno adatto (bouchage à sec). Svolta questa operazione il tappo entra nella tappatrice, machine à boucher, dotata di morse e ganasce, che lo comprimono in modo uniforme e lo introducono con forza nell’apertura lasciandone fuoriuscire un terzo della lunghezza e schiacciandolo in modo da darle la forma di tipica di fungo. L’apparecchiatura  attigua, la museleteuse, inserirà la gabbietta in filo di ferro, la muselet, che verrà chiusa al collo della bottiglia, trattenendo ermeticamente il tappo in sughero. All’interno della muselet, a contiguità con il sughero è inserito un dischetto metallico, la  plaquette, per far si che il filo di ferro non tagli il sughero.

La battitura – le poignettage ou piquetage

Subito dopo aver chiuso definitivamente lo champagne nel suo involucro finale, è necessario scuotere energicamente la bottiglia per omogeneizzare il liquer d’expédition o liqueur de dosage nel vino e farlo dissolvere perfettamente. Questo ulteriore passaggio, obbligato, se non è inglobato in una catena di montaggio completamente automatizzata che permette, come succitato, di evitare molteplici passaggi produttivi, viene svolta dal cantiniere.

La visione – le mirage

Prima di prendere il via della cantina per due o tre mesi di meritato riposo, in modo da stabilizzare, con il tempo, il vino con  il liquer d’expédition, le bottiglie vengono osservate attentamente per notare se, al suo interno, ci siano eventuali presenze di depositi o di sospensioni nel liquido. Lo Champagne deve avere una limpidezza assoluta.

L’ornamento – l’habillage

La bottiglia, dopo tanti passaggi produttivi e dopo mesi ed anni di stazionamento in cantina e, necessariamente prima di essere messa in commercio, ha la necessità di essere pulita e la prescrizione di essere commercializzata con una serie di accessori obbligatori per legge che la rendono anche appetibile commercialmente.

Le bottiglie, prima della loro “vestizione”, vengono lavate con acqua fredda, lasciate asciugare e accuratamente passate con un panno. La muselet e la plaquette, che bloccano il tappo, vengono coperte da un involucro in alluminio, la capsule de surbouchage, chiamata anche coiffe, che arriva a metà del collo. Generalmente sulla coiffe viene scritto il nome del produttore o la dizione generica di “Champagne”. A rivestimento avvolgente della parte finale della capsule de surbouchage, che copre il collo della bottiglia, viene incollata la collarette che, solitamente, esibisce il marchio o lo stemma araldico del produttore. Sulla parte della coiffe avvolgente il tappo viene, a discrezione del produttore, incollato il sigillo fiscale, la Capsule congé: in Francia la presenza di questo bollino tondo, posto all’esterno sopra la copertura del tappo, significa che sulla bottiglia è stata pagata l’imposta di valore aggiunto, l’IVA (TVA in Francia). Per ogni categoria di vino ha un colore diverso; per i vini A.O.C. come lo Champagne, il bollo è stampato in verde. La parte centrale della bottiglia è destinata ad essere coperta dall’etichetta, l’étiquette e, a discrezione del produttore, una contro etichetta, contre – étiquette , posta sulla parte opposta a quella principale. Questa “targa” rappresenta una attestazione sintetica delle legislazioni  e della promotion aziendale. Le indicazioni imprescindibili sono: la denominazione Champagne, la marca del produttore, il grado alcolico espresso in percentuale, la capienza della bottiglia, il genere di Champagne in base al tenore zuccherino, il nome o la ragione sociale dell’elaboratore, il comune dove si vinifica e si imbottiglia con la scritta Prodotto in Francia, Produit en France, le iniziali della categoria professionale del produttore seguita dal numero di iscrizione emesso dal CIVC e la tipologia dello Champagne in base al colore o ai vitigni utilizzati (vedi capitolo Le peculiarità degli Champagne). Per i millesimati  l’anno può essere indicato direttamente sull’etichetta o su apposita decorazione circolare posta sopra l’etichetta. Infine, se nella cuvée dello Champagne sono utilizzate esclusivamente uve provenienti da vitigni Grand Cru o Premiers Cru, il produttore può indicarne la provenienza. Rientrano nella promotion le tantissime dizioni che possono incrementare le vendite: Tête de Cuvée o Coeur de Cuvée o Cuvée Réservée, carte blanche o noir o d’or o vert, Cuvée Extra, Supérieur, Réserve, Grand Cuvée o Cuvée Spécial, Sélection Particulier, ecc., e l’anno di fondazione della Maison. Se la bottiglia è dotata di contro etichetta, alcune delle didascalie imprescindibili vengono indicate su questa parte. Alcuni accorti produttori invece, in questi ultimi anni, sulla contro etichetta indicano anche le percentuali di uve utilizzate nella Cuvée e l’anno, il mese e il giorno della sboccatura. Questi ultimi dati aiutano e offrono importanti informazioni all’utente. Molti produttori, con le Cuvée de prestige, gli Champagnes di punta della Maison, avvolgono la bottiglia  con un foglio di cellophane trasparente e racchiudono la stessa in più o meno preziosi cofanetti o in contenitori pregiati di legno. Per finire le bottiglie vengono imballate in scatole di cartone da sei posti da destinare alla futura commercializzazione.

4 Commenti

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    Luglio 7, 2014 - 9:28 pm – Reply

    • admin

      thank you Lemuel,see you soon !

      Luglio 7, 2014 - 9:49 pm – Reply

  2. Anthony DiNozzo

    molto interessante e ben scritto!
    bravo!

    Luglio 19, 2014 - 9:36 pm – Reply

  3. GIULIANO GOGGIO

    Buongiorno,
    potete p.f. dirmi da cosa è caratterizzata l’acidità di un vino di champagne ?
    da freschezza e giovinezza o dalla persistenza aromatica ?

    Gennaio 7, 2021 - 6:55 pm – Reply

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